Roubault,
M., Le catastrofi naturali sono prevedibili,
Einaudi, Torino 1973
Si riporta di seguito l'indice
del volume (in corpo minore, sono inseriti riassunti o citazioni di brani significativi
del testo):
Introduzione
1. Le alluvioni
Cenni storici
Nozioni fondamentali
Due esempi di piene secolari
La piena del Tarn nel marzo 1930
Le inondazioni del bacino di Lorena nel dicembre del 1947
La previsione delle piene
La previsione delle piene nel bacino della Dordogna
Le misure di protezione
I serbatoi
La sistemazione dei corsi d'acqua
Conclusioni
[Le alluvioni in Italia]
2. I terremoti
Nozioni fondamentali
I terremoti si possono prevedere?
Le costruzioni antisismiche
Caratteristiche generali
La situazione della Francia di Fronte ai terremoti
Le eruzioni vulcaniche
I maremoti
[I terremoti in Italia]
[Il vulcanismo in Italia]
[I maremoti in Italia]
3. Le frane
Nozioni fondamentali
Alcuni esempi caratteristici
Smottamento di materiali sciolti non consolidati
Scoscendimenti di masse argillose
Scivolamenti su pendii rocciosi stratificati
Crolli di roccia
I segni premonitori
Esempi di movimenti franosi misurati
conclusioni pratiche sulle frane di scorrimento in senso ampio;
la previsione
Che fare in avvenire?
[Le frane in Italia]
4. Le valanghe
Nozioni fondamentali
La previsione delle valanghe
La difesa passiva
La protezione attiva
La situazione in Francia
[Le catastrofi glaciali]
5. La rottura di grandi dighe
Il dramma di Malpasset
Caratteristiche dell'opera
Circostanze della rottura
L'osservazione dei fatti
Il probabile meccanismo della catastrofe
Le cause principali del dramma
Cause addizionali
Che cosa si sarebbe dovuto fare?
La funzione del geologo
Epilogo
6. Problemi amministrativi
La licenza edilizia
Le norme di base
Esistono norme precise che riguardino un rischio particolare?
Quali autorità rilasciano la licenza edilizia?
La difesa dell'ambiente
7. Problemi giuridici
Considerazioni preliminari
Qualche esempio istruttivo
La rottura della diga di Malpasset
Il crollo di Champagnole
La frana del Vajont
I terremoti artificiali
Che fare dunque?
La nozione di rischio
Le personalizzazione delle responsabilità
"Un fatto mi ha sempre colpito quando dovetti
chinarmi sugli atti di un'istruttoria giudiziaria: la diluizione delle
responsabilità. Allorché si cerca di ricostruire la successione
delle decisioni, buone o cattive, svoltesi a partire dal giorno in cui
il progetto viene abbozzato fino al giorno del compimento dell'opera, non
si può fare a meno di constatare la serie impressionante delle persone
implicate; sicché quando, dopo un incidente, si cerca di sapere
chi ne sia il responsabile, ci si accorge che il responsabile si identifica
in 'parecchi', quando non si tratti di 'molti'. E poiché, beninteso,
ciascuno è intervenuto soltanto per una frazione dell'operazione,
non appena si voglia attribuire a questo ciascuno una certa parte di responsabilità,
la risposta è immediata: "Non sono stato io, è stato lui";
chi, non si sa.
[...] se non si vuole che domani si ripetano nuovi drammi,
occorre in tutta urgenza personalizzare le responsabilità.
Non dovrà più esserci il Servizio X a dover prendere la decisione
dopo aver consultato la Commissione Y, la quale designi una sottocommissione
Z, che sentirà il capufficio di un altro ministero per sapere se
l'articolo N della legge del 10 piovoso anno tale, modificata da quella
del 13 gennaio anno talaltro, sia o non sia applicabile, ecc. Dovrà
esserci solo il signor A a decidere e presto; toccherà a
lui, se lo riterrà necessario e ne avrà il tempo, prendere
tutte le informazioni preliminari, sempre impegnandosi in prima persona;
e beninteso il signor A dovrà essere designato in anticipo.
Voglio precisare e formulo dunque con fermezza i seguenti
voti: per le frane di qualsiasi natura bisogna che in ciascun grande settore
geografico, per esempio ciascuna valle, sia designato un responsabile
con l'autorità necessaria per prendere immediatamente, e senza l'obbligo
di riferire all'autorità superiore, tutte le misure imposte dalle
circostanze. Solo questo permettera di evitare [certe catastrofi].
[...] al Vajont, mentre le fessure si aprivano sulle
strade, mentre si sarebbe dovuto gridare 'si salvi chi può' e suonare
le campane a martello, le autorità di Udine e di Belluno si concertavano
gravemente per sapere se fosse il caso di allarmare la popolazione e chi
fosse abilitato a farlo." (pp. 174-176)
[La frana di via Digione a Genova]
Conclusioni
Bibliografia