Figlio del musicologo Vincenzo, Galileo iniziò gli studi presso i monaci di Vallombrosa; nel 1580 si iscrisse alla facoltà di medicina dell'università di Pisa, ma il maturare di nuovi interessi per la filosofia e la matematica lo spinse ad abbondonare gli studi intrapresi e a dedicarsi a queste discipline. Nel 1589 divenne professore di matematica a Pisa e nel 1592 ottenne la cattedra di matematica all'università di Padova, dove rimase per diciotto anni.

L'uso del cannocchiale, nel 1609, rappresentò una svolta nella sua attività scientifica: Galileo non inventò questo strumento, ma lo perfezionò e fu il primo ad utilizzarlo per precise osservazioni astronomiche.

Nel 1624, nonostante avesse ottenuto due visti ufficiali per la pubblicazione del suo libro, il Dialogo dei massimi sistemi del mondo: tolemaico e copernicano, venne convocato a Roma dall'Inquisizione, che lo processò per "grave sospetto di eresia": venne condannato al carcere a vita, rapidamente commutato negli arresti domiciliari.

Intorno al 1870, con la pubblicazione completa dei documenti del processo a Galileo, l'intera responsabilità della condanna dello scienziato fu attribuita alla Chiesa, trascurando il ruolo svolto dai professori di filosofia del tempo che, per primi, persuasero i teologi del contenuto eretico della scienza di Galileo. Un'indagine sulla condanna dell'astronomo, con la richiesta di cancellarla, fu ordinata nel 1979 da papa Giovanni Paolo II e si concluse nell'ottobre del 1992 con il riconoscimento, da parte della commissione papale, dell'errore del Vaticano.