Nel corso della costruzione della diga del Vajont vennero effettuate varie perizie circa le caratteristiche geologiche del del monte Toc.
Il geologo austriaco Müller individuò la presenza di una frana ("una frana a forma di M, ma non l'ho fatta io!", gli fa dire scherzosamente Paolini nello spettacolo). La sua perizia fu avversata dal geologo Caloi (che però in seguito tornerà sui propri passi, ammettendo la possibilità di una frana sul monte Toc) e confermata da un altro geologo, Edoardo Semenza, figlio del progettista della diga. Il quale metterà anche in luce che la valle del Vajont si è formata su un'antica frana, che si sarebbe potuta rimettere in movimento con l'acqua del bacino."La frana potrebbe anche star ferma lì per altre migliaia di anni. A meno che... qualcuno con un bacino artificiale non cominci a bagnargli i piedi, poi le ginocchia... Cava e metti, cava e metti... Dài oggi, dài domani... Un domani questa frana benedetta potrebbe anche stufarsi di star ferma e buona coi piedi a mollo, e allora potrebbe decidere di andare a vedere come è fatto il mondo." (Paolini, p. 62)
Nonostante tutto ciò, per non sfigurare agli occhi del mondo (i tecnici italiani godevano di prestigio e lavoravano anche alla diga di Assuan: come ammettere di aver fatto un errore così grave, cioè costruire una diga dove era già caduta una frana?), la costruzione del bacino artificiale non venne interrotta.
Nello stesso periodo in cui vennero effettuate le perizie geologiche sul monte Toc, inoltre, nella zona francese del Frejus la diga Malpasset cedette a causa di un errore di progettazione causando la morte di quattrocento persone. Questo esempio di incompetenza non fece riflettere chi era impegnato nella costruzione della diga del Vajont. (pp. 64-66)
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